Si definisce danno psichico quel particolare ramo del danno biologico che ha comportato una lesione o un deficit nella psicologia del soggetto interessato. In pratica, in virtù del fatto che una qualunque parte del corpo possa subire una lesione (frattura osso, tumefazione, perforazione organi etc.) si presume che anche la componente psicologica possa subire un danno, non solo in virtù di una lesione fisica subita, ma proprio nel senso più stretto del concetto.
La classificazione del danno psichico nel nostro ordinamento
Poiché in molti fanno confusione, è doveroso sottolineare che il danno psichico viene catalogato dal nostro ordinamento come un danno non patrimoniale (ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile). Per cui non si deve incorrere nell’errore di equivalerlo al danno biologico, perché sono due concetti distinti e separati.
Innanzitutto bisogna chiarire che per danno psichico non parliamo di ansia, spavento o sofferenza, ma proprio di un deficit mentale permanente o temporaneo, sorto in virtù di un accadimento dannoso, e rappresentante dunque una chiara conseguenza del fatto. Si pensi a chi subisce una rapina, o un’aggressione e dopo l’evento inizia a soffrire di disturbo postraumatico: se il patema non passa, il soggetto leso avrà un danno psichico permanente, mentre se col tempo la cosa andrà scemando, si parlerà di danno psichico temporaneo.
Dal punto di vista giuridico, come anticipato, fa parte del novero del danno biologico, con cui non va confuso. Per cui è compito di un medico legale o di uno psicologo forense accertarne l’esistenza. Chiariamo questo concetto, in quanto il danno biologico rappresenta una lesione, sia fisica che psichica, sia permanente che temporanea, soggetta ad accertamento medico legale, come previste dal C.d.A. (Codice delle assicurazioni) all’art. 139. Proprio quella che l’articolo definisce lesione all’integrità fisica, rappresenta il danno psichico che stiamo analizzando. Danno che non deve esser stato cagionato da una patologia di base del soggetto, ma deve dipendere da fatto illecito arrecato da terzi.
Differenza tra danno psichico e danno morale
Sempre in virtù del concetto “psichico” di cui ci stiamo occupano, bisogna ricordare che il danno in oggetto non va nemmeno confuso con il danno morale.
Stante alla giurisprudenza, e alle recenti pronunce della Suprema Corte, il danno morale va considerato come un turbamento, uno status di sofferenza scaturito da eventi dannosi o anche come una lesione alla dignità o alla integrità morale.
Cosa deriva dal danno psichico?
Il danno psichico dipende da un primo trauma che il soggetto subisce. Viene cioè cagionato dal fatto illecito avvenuto in un dato luogo in un dato momento. Questa precisazione è importante ai fini processuali in quanto non si può non dare conferma al giudice che sussista un nesso di causalità tra la lesione psichica e il fatto illecito. Il nesso, la relazione sono fondamentali ai fini di un eventuale risarcimento.
Purché la vittima possa beneficiare di un risarcimento deve altresì dimostrare che in precedenza non soffriva già del disturbo prima dell’illecito.
Questa sussistenza del danno psichico viene attestata da un medico legale, alias psicologo forense, in sede peritale. Per poter portare a termine la perizia, lo psicologo deve essere messo nella posizione di poter parlare con la persona, per poi redigere una relazione, contenente l’esito dello studio psicologico fatto sulla persona stessa. Tale perizia in ogni caso, può sia essere di parte (CTP), sia essere d’ufficio su espressa richiesta del giudice. Avrà in qualunque circostanza un valore determinante ai fini dell’esito del processo.
Conclusioni
Quando esiste la prova lampante che il danno psichico sia dipeso dal fatto illecito, la vittima può avanzare richiesta di risarcimento. Un tipico esempio di situazione in cui un soggetto può vantare il diritto ad essere risarcito per danno psichico è quello inerente al mobbing o alla violenza sessuale. Tutte quelle situazioni, spesso irreversibili, come disturbi dell’umore, ansia, stress etc, possono compromettere la conduzione regolare e normale della vita.
Ragion per cui in sede di accertamento, si pone molta più attenzione del previsto su quanto eventualmente palesatosi nel soggetto leso.
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